domenica 28 novembre 2010

il «direttore» amato dai poveri
GIUSEPPE DIMICCOLI
lB A R L E T TA . La arcidiocesi di
Trani, Barletta, Bisceglie e Nazareth
ha festeggiato il 120° anniversario
della nascita del servo
di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli.
Lo scorso venerdì 12 ottobre
nella parrocchia di San Filippo
Neri a Barletta si è celebrata una
santa Messa solenne per la ricorrenza
preceduta da un triduo
in cui hanno preso parte l’arci -
vescovo, mons. Giovan Battista
Pichierri, il parroco di San Filippo
Neri, padre Vittorio Graziani
e il cappellano dell’Ospe -
dale “Mons. Dimiccoli”, don
Francesco Todisco e don Sabino
Lattanzio, prevosto di San Giacomo.
«Tra le tante sue opere che fanno
di don Raffaele Dimiccoli il
grande benefattore della città di
Barletta, non può essere taciuta
la donazione del suo palazzo di
famiglia all’Ospedale Civile di
Barletta, segno del grande amore
che il Servo di Dio portava per i
sofferenti e gli ammalati» ha
scritto don Sabino Lattanzio, postulatore
delle cause diocesane
di beatificazione.
«Quando ho analizzato i documenti
ufficiali ed ho ascoltato i
testimoni diretti, durante la fase
processuale diocesana, sono stato
attratto dalla sua grande carità
a favore soprattutto dei sofferenti
e dei poveri - continua don
Sabino -. Possiamo bene affermare
che «il direttore», come amavano
chiamarlo i suoi figli spirituali,
per Barletta è stato la
«Madre Teresa di Calcutta» facendo
sue le sofferenze di coloro
che non avevano voce. Per questo
motivo tutta la città di Barletta
ha voluto eternizzare il suo nome
dedicandogli il nuovo ospedale
civile. Sono certo che la sua protezione
aleggia su tutti coloro che
si recano in quel luogo di sofferenza
e lo invocano con fede».
Mons. Angelo Raffaele Dimiccoli
nacque a Barletta il 12 ottobre
1887 e fu battezzato il 22
ottobre nella parrocchia di San
Giacomo Maggiore dove in seguito
ricevette la formazione catechistica
e maturò la vocazione
sacerdotale. Oltre all’ambiente
familiare, il suo saldo punto di
riferimento fu la parrocchia, specie
l’oratorio San Filippo Neri
fondato e diretto dal viceparroco
don Giuseppe M.ª Balestrucci,
uomo colto e di grande pietà, ricercato
direttore di spirito. Nel
clima gioioso dell’oratorio il piccolo
Raffaele trovò l’habitat educativo
più adatto per crescere armonicamente
con i suoi amici e,
come spesso si riscontra in altre
figure del tempo, tra i giochi preferiti
non mancò il dir Messa che
per lui ebbe valore di presagio
per il futuro. Don Raffaele il 7
ottobre 1898 entrò in seminario
presso la Scuola Apostolica dei
Signori della Missione di Ceccano
(Fr) per dare inizio agli studi
ginnasiali. Il 7 dicembre dello
stesso anno, fece la vestizione clericale.
Il 30 luglio 1911 fu ordinato
sacerdote dall’arcivescovo mons.
Francesco Paolo Carrano, nella
chiesa di San Giovanni in Trani.
Nel 1924 fondò in una zona periferica
e a rischio della città il
“Nuovo Oratorio San Filippo Neri
per la redenzione dell’inf anzia
abbandonata”.
Per chi volesse approfondire la
sua figura può leggere «Ti ho glorificato
sulla terra», biografia del
Servo di Dio mons. Raffaele Dimiccoli,

scritta da don Sabino Lattazio
TRATTO DA: www.comitatoprocanne.com/pdf/MonsDimiccoli1710BT08.pdf

domenica 7 novembre 2010

Mons. Raffaele Dimiccoli testimone verace di carità


Chi dice “don Raffaele” dice “carità”. Questo santo sacerdote barlettano, pur di farsi prossimo soprattutto degli ultimi e dei più bisognosi, non si è risparmiato niente: né denaro, né carriera, tanto meno la salute. Per essi lasciò nel 1924 la prestigiosa parrocchia di San Giacomo Maggiore per riscattare dal degrado il periferico quartiere di zona “Maranco”, con la fondazione del “Nuovo Oratorio San Filippo Neri per la redenzione dell’infanzia abbandonata”. E già a pochi anni di distanza i “miracoli” ottenuti grazie alla sua ardita fede erano sotto gli occhi di tutti: dalle case dove prima si udiva cattiveria risuonavano i canti sacri insegnati dal “Direttore”. Alla sua scuola furono formate famiglie oneste e un gran numero di vocazioni sacerdotali e religiose.
Lo stesso Servo di Dio ne restava sempre più meravigliato per i risultati che otteneva: “Chi lo crederebbe - scrive nel 1932 ad Addolorata Rizzi, sua intima e stimata collaboratrice entrata tra le suore d’Ivrea, prendendo il nome di suor Pia Raffaella - che in questo posticino della città, remoto da ogni luce di civiltà e progresso umano, debbano fremere tanti cuori in esplosione di viva e santa carità da trasportarci in atmosfere celesti! Deo Gratias et Mariae! Si ha voglia a moltiplicare le distanze centinaia di chilometri, a moltiplicare mesi e mesi di lontananza, la carità vola e raccoglie in un continuo atto meraviglioso di presenza e vive... vive, mia cara, allorché sul quadrante del nostro Oratorio suonano certe ore, il Signore mi procura delle gioie inesprimibili: mi sento di essere un padre felice di una sì grande famiglia che quantunque abbia parecchi membri sparsi pel mondo hanno un medesimo palpito: Gesù; un medesimo ideale: l’Apostolato; una medesima corda: l’Unum di Gesù nell’ultima Cena”.
In questo quartiere povero e degradato il Servo di Dio, oltre a far crescere nella fede, si preoccupò di venire in aiuto anche economico a tante famiglie indigenti. Si prodigò, soprattutto, di togliere dalla strada migliaia di bambini e impartire loro gratuitamente l’istruzione scolastica, istituendo nel 1928, con sacrifici immani, la Casa degli Angeli e nel 1942 l’asilo infantile nei locali del Nuovo Oratorio San Filippo Neri, dove garantì perfino la refezione giornaliera.
Ma la sua carità fu continua e senza limiti; infatti nel 1948, nonostante le gravose ristrettezze economiche causate dal Secondo Conflitto Mondiale che ormai attanagliavano l’intero Paese, don Raffaele, già minato in salute, rivolse il suo sguardo principalmente agli orfani, dando inizio all’altra istituzione del “Villaggio del Fanciullo”.
Tutta la sua esistenza sacerdotale è costellata di episodi di carità fattiva e nel contempo “nascosta”, che hanno il sapore evangelico dei “Fioretti di san Francesco”, di cui ne sono depositari quelle tante famiglie che ancora conservano immutata riconoscenza e gratitudine nei confronti del nostro santo sacerdote. Dagli atti processuali, che supportano la sua santità, più testimoni affermano che era prassi per mons. Dimiccoli visitare gli ammalati per confortarli religiosamente. Dove notava situazioni di grande indigenza era solito porre sotto i guanciali le somme necessarie per l’acquisto dei farmaci.
Quell’attenzione particolare era rivolta in un modo così delicato che mai nessuno se ne accorgeva. Racconta il rogazionista Ruggiero Dicuonzo: “Un giorno i parenti di un ammalato, dopo che il Direttore era stato in casa, videro dei soldi per terra e, supponendo che fossero del “Direttore”, glieli portarono all’Oratorio. Ma lui affermò che non erano suoi e che tuttavia potevano utilizzarli per sovvenire alle loro necessità”.
Molte altre volte per l’esercizio della carità si serviva di suoi fidati collaboratori o collaboratrici. Apprendiamo da Rosa Piazzolla, una testimone diretta: “Mio marito era emigrato in Francia per ragioni di lavoro come muratore, dovendo procurare il cibo alla famiglia; lì, a causa di un incidente accaduto durante il lavoro, restò cieco. Cademmo nella miseria più nera. Il Direttore sapendo in che condizioni si stava versando non ci abbandonò, mantenendo la nostra famiglia composta da me, mio marito e quattro figli. Mensilmente ci passava una certa somma e quotidianamente tramite un ragazzo, con molta discrezione ci faceva pervenire in casa il cibo. Anche la sorella di don Raffaele più volte ha provveduto alle mie necessità. Mio marito disperato per le condizioni in cui si ritrovava, spesso veniva rasserenato dal Servo di Dio, il quale gli assicurava che gli sarebbe ritornata la vista. Infatti dopo due anni e mezzo mio marito riacquistò la vista e riprese a lavorare. Attribuimmo questa grazia alle preghiere del Direttore. La sua carità nel soccorrere la mia famiglia si protrasse per la durata di due anni e mezzo circa”.
In questa ardua e avventurosa missione verso gli ultimi e gli indigenti, don Dimiccoli fu spinto dalla principale sorgente che è lo stesso cuore di Cristo: “Sento compassione di tutta questa gente!” (Mt 15, 32). Gareggiò in quest’opera con i confratelli a lui contemporanei, totalmente dediti nel nostro territorio per il riscatto dei più bisognosi ed emarginati, con i quali strinse rapporti di fraternità e di stima. Si pensi al Servo di Dio don Pasquale Uva di Bisceglie, al Servo di Dio don Ambrogio Grittani, impegnato a favore dei poveri della città di Molfetta, e ai suoi amici d’infanzia, mons. Sabino Cassatella, fondatore dell’Istituto Santa Teresa del Bambin Gesù, istituzione voluta a vantaggio dei piccoli del rione Borgovilla di Barletta, e mons. Potito Cavaliere, apostolo di carità nell’ambito della parrocchia di Maria Santissima Addolorata e dell’ospizio per anziani, fondati dal medesimo in Margherita di Savoia.
In merito a don Uva ricaviamo da una testimonianza di Nicola Rizzi, pronipote di mons. Dimiccoli: “Don Raffaele conservava forti rapporti di amicizia col Servo di Dio don Pasquale Uva, fondatore della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, spesso si scambiavano le visite: lui a Bisceglie, don Pasquale a Barletta, per ragguagli personali e per scambi spirituali. Spesso don Raffaele inviava portatori di handicap perché don Uva si prendesse cura di loro nella sua Istituzione. La stima era tale che non si estinse mai.
In fondo i due sacerdoti furono animati dallo stesso ideale: servire Cristo nei poveri e negli emarginati”. I santi hanno fiuto e sanno ben scegliere, orientandosi verso il bene, e questo grazie anche all’edificazione reciproca. Il Santo Padre Benedetto XVI, nell’aprile scorso, rivolgendosi ai giovani e ai seminaristi presso il Seminario di St. Joseph a New York ha indicato alcune figure di santi, beati e venerabili che hanno risposto “alla chiamata di Dio ad una vita di carità”, divenendo “straordinari tragitti di speranza”.
Indicandoli quali esempi alle nuove generazioni ha affermato: “a quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci.
Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di ‘disimpegno da’. È una scelta di ‘impegno per’; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ ‘essere per gli altri’ di Cristo”.
Sappiamo seguire e imitare l’esempio di questi nostri fratelli che ci hanno preceduto sulla via della santità, per amare e servire con generosità Gesù in ciascuno di loro, e un giorno saranno questi a prenderci per mano e a introdurci in quel Regno di amore e di pace che non avrà mai fine.

Don Sabino Lattanzio


TESTO E IMMAGINI TRATTE DA: www.dioeifratelli.it

SERVO DI DIO DON ANGELO RAFFAELE DIMICCOLI


Il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli nacque a Barletta il 12 ottobre 1887 da Francesco e Maria Concetta Carpentiere, in un'agiata e numerosa (otto figli) famiglia contadina di sani principi religiosi. Frequentò le scuole pubbliche con regolarità, cosa abbastanza rara a quel tempo, quando, fatta l'unità d'Italia da pochi decenni, lo Stato andava organizzando con difficoltà l'istruzione pubblica; la miseria nel Sud, in aggiunta, dissuadeva i più dalla frequenza scolastica. Accanto alla famiglia e alla scuola, fu il clima gioioso dell'oratorio parrocchiale in S. Giacomo Maggiore a formare in armonia di valori il fanciullo Raffaele. Con la fine delle elementari la prospettiva per lui, secondo il genitore, era il lavoro nei campi. Le resistenze paterne, invero blande perché l'uomo era profondamente cristiano, furono vinte dalla madre che fece preparare il figlio agli esami di ammissione al ginnasio: così, nell'ottobre del 1898, il Dimiccoli entrò nella scuola apostolica dei Signori della Missione di Ceccano (Frosinone). Un anno a Ceccano, tre anni a Roma, quindi a Bisceglie (Bari) nel seminario interdiocesano; dal 1908 al 1911, ultimi anni di formazione sacerdotale sotto la guida dei Gesuiti nel Collegio Argento di Lecce, il primo seminario regionale in Italia.
Ordinato sacerdote il 30 luglio 1911, il suo primo compito pastorale fu di viceparroco nella stessa parrocchia che l'aveva visto nascere, crescere e formarsi alla vita sacerdotale, S. Giacomo Maggiore a Barletta. A lui il prevosto volle affidare la cura dell'oratorio parrocchiale, intitolato a S. Filippo Neri. E quel sacerdote alto (quasi 1,90 m), si fece piccolo con i piccoli, per essere forte nell'esercizio delle virtù. Guerre, epidemie, miseria, dittatura: queste il quadro sociale nel quale don Raffaele Dimiccoli opererà, con un programma pastorale imperniato sull'Eucaristia e su Maria, e insieme con lui numerosi sacerdoti usciti dalla sua scuola, erede egli stesso di un Ottocento religioso carico di fermenti nuovi e di risposte concrete a un anticlericalismo premuroso di togliere ogni esempio di fede e di sostegno morale.
Nel 1924, per l'accresciuto numero degli oratonani, da San Giacomo Maggiore si dovette emigrare verso nuovi lidi; la scelta cadde sull'estrema periferia della città, estrema anche nell'abbandono, inselvatichita, rozza, delinquente, dove morire fanciulli per malaria o tubercolosi era fortuna, per non ritrovarsi "picciotti" all'età adulta. Qui giunse il sacerdote, canzonato e fatto bersaglio di quanto poteva passare per le mani dei primi spettatori. Ma questo tiro a segno durò poco: il Servo di Dio acquistò un vecchio mulino e con le braccia sue e di molti volontari lo adattò a chiesa e a "Nuovo Oratorio S. Filippo Neri". Di qui partirono famiglie oneste e numerose vocazioni: 32 sacerdoti e religiosi, 35 religiose, moltissimi uomini timorati di Dio, mamme sante e vergini consacrate nel mondo.
Accanto all'opera dell'oratorio, nel 1928, don Raffaele aprì una "Casa degli angeli" per asilo, doposcuola, catechismo e ricamo, poi donata alle Francescane Alcantarine; nel 1942 un nuovo asilo infantile nel lo stesso oratorio, dove nel gramo periodo bellico garantì ai piccoli la refezione giornaliera; nel 1942 un "Villaggio del fanciullo" per ragazzi in difficoltà, poi affidato ai Frati Minori Conventuali; ne 1956 una nuova parrocchia intitolata al Cuore Immacolato di Maria. Mentre queste opere nascevano e crescevano, il servo di Dio conobbe nel 1931 gli attacchi violenti dei fascisti nella polemica contro circoli dell'Azione Cattolica. Nel 1948 fu nominato vicario generale della Diocesi di Barletta, incarico che mantenne negli anni della sua sofferenza fisica fino alla morte.
I suoi ultimi due anni di vita furono un'autentica salita al calvario. Ritirato in casa, senza perdere i contatti con i suoi oratoriani, finì per non poter più celebrare la Messa né recitare il Breviario. Morì il 5 aprile 1956 consumato dal "tormento della sete delle anime". Di lui san Pio da Pietrelcina ebbe stima grande, tanto che era solito ripetere ai pellegrini barlettani: "Perché venite da me se a Barletta avete un santo?". Il suo corpo riposa nella stessa chiesa del suo oratorio; nell'ultima ricognizione canonica è risultato incorrotto.
Il 13 marzo 1996 la Congregazione delle Cause dei Santi concesse il nulla osta per 1'introduzione della causa di canonizzazione. Il processo informativo diocesano, aperto il 1° maggio 1996, si concluse il 25 maggio 1997; con decreto del 23 gennaio 1998 gli atti sulla vita e virtù del servo di Dio sono stati acquisiti dal medesimo Dicastero.


Autore: Don Luigi Spadaro


TESTO E IMMAGINE TRATTI DA: http://www.santiebeati.it/dettaglio/91657
S. E. Mons. Carmelo Cassati con decreto 19 marzo 1996 introdusse la Causa di Canonizzazione del servo di Dio Angelo Raffaele Dimiccoli. Questo è il racconto della sua vita straordinaria dedicata alla sua comunità, specialmente ai suoi ragazzi per i quali fondò l’oratorio “San Filippo neri” e promosse la nascita del “Villaggio del Fanciullo”.