mercoledì 17 agosto 2011

A cento anni di sacerdozio il prete degli ultimi è stato proclamato “venerabile”

Il 27 giugno 2011, il Sommo Pontefice Benedetto XVI ricevendo in Udienza Privata il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione del Decreto riguardante le virtù eroiche del sacerdote barlettano, il servo di Dio Angelo Raffaele Dimiccoli, che in tal modo riceve il titolo di Venerabile. Questo è un altro segmento importante che si aggiunge alla nostra storia diocesana di fede.
Chi era Raffaele Dimiccoli, quali le sue origini?
Nelle intenzioni del padre doveva essere un contadino ed egli andò sì a lavorare la “terra”, ma nella “vigna del Signore”. Di agiata famiglia rurale di Barletta, nato il 12 ottobre 1887, il piccolo Raffaele fu battezzato nella parrocchia di San Giacomo Maggiore il 22 ottobre. Entrò in Seminario nel 1898. Fu consacrato sacerdote esattamente cento anni fa, il 30 luglio 1911, nella chiesa monastica delle Clarisse di San Giovanni in Trani. Celebrò la Prima Messa Solenne il 6 agosto, nella chiesa di Sant’Agostino in Barletta, divenuta sua parrocchia territoriale dal settembre 1907 quando fu eretta a Vicaria Curata.
Per prendere maggiore dimestichezza nella celebrazione - essendo le rubriche liturgiche del tempo più complesse - nei giorni intercorsi tra l’ordinazione sacerdotale e la Prima Messa Solenne, don Dimiccoli celebrò la santa Messa in San Giovanni di Dio. Credendo fermamente nella spiritualità di comunione, il novello sacerdote si iscrisse all'Associazione dell'Unione Apostolica del Clero, voluta in Diocesi da mons. Giuseppe Balestrucci, suo padre spirituale e Prevosto della millenaria chiesa di San Giacomo Maggiore.
Nel corso dei circa quarantacinque anni di ministero sacerdotale, al Venerabile mons. Dimiccoli gli sono stati attribuiti“miracoli”, documentati, peraltro, dalle testimonianze processuali. Ma il miracolo più importante è stato la sua vita che, sull’esempio del Maestro Divino, fu tutta consumata a favore del prossimo: la carità senza limiti per i più bisognosi, l’attenzione ai malati, l’accoglienza diuturna ai penitenti che sempre più numerosi accorrevano a lui, il servizio infaticabile rivolto a tutte le fasce di età, con un’attenzione particolare all'educazione dei bambini e dei giovani.
Nelle circostanze liete e tristi, soprattutto in quelle segnate dalle guerre, epidemie, egli fu vicino alla gente in modo eroico, fino a mettere a repentaglio la sua stessa esistenza.
Fu il primo incarico da viceparroco nella parrocchia di San Giacomo Maggiore in Barletta a segnare il suo futuro. Si dedicò, infatti, all’oratorio parrocchiale, mettendo in atto tutte le energie di mente e di cuore, in un’azione pastorale a largo raggio e ricca di iniziative. E quando gli spazi della parrocchia risultarono insufficienti, dietro ispirazione divina, acquistò un vecchio mulino situato in uno dei quartieri più abbandonati della città, adattandolo con molti volontari a chiesa e a “Nuovo Oratorio San Filippo Neri”. Qui all’inizio trovò molte resistenze e umiliazioni da parte di facinorosi, ma niente e nessuno, però, riuscì a distoglierlo da quella fiamma che gli ardeva dentro.
Oltre a evangelizzare, commosso da tanta miseria diffusa, don Raffaele, per venire incontro alle necessità di tutti - anche di coloro che erano fuori zona - si spogliò dei beni personali. L'ultimo grande gesto di generosità
che coronò la sua esistenza terrena fu la donazione della casa natale all'Ospedale Civile di Barletta.
Tutti trovarono posto nel suo cuore! Gli oggetti più commoventi esposti nel reliquiario, presso la cappella della casa natale del Venerabile, sono le sue scarpe rattoppate e risuolate più volte, consunte dal continuo via vai nelle strade della miseria, scolorite dalla pioggia e dalla calura, degne della povertà di san Francesco di Assisi, di cui si era fatto umile seguace nel Terz’Ordine della Penitenza.
Il movente di tanta generosità e fecondità di questo umile, vigilante e zelante sacerdote va individuato nella santa Messa,
da lui celebrata non come “una pia abitudine mattutina, ma come un atto di fede e di adorazione profonda” e nelle lunghe ore trascorse ai piedi del Tabernacolo. Egli era fermamente convinto che l'istanza propria di chi ama è che la vita nella sua interezza sia orientata all'imitazione dell'Amato e che questo fuoco d'amore si divampi all'esterno contagiando chi ci circonda. Per questo ogni giorno dedicava un tempo incalcolabile al ministero delle confessioni e della direzione spirituale, divenendo calamita che attirò all'amore di Cristo un infinito numero di fedeli, da lui chiamati “figli miei”, a oro volta divenuti fermento evangelico in mezzo alla società.
Dalla numerosa schiera dei figli spirituali di questa zona, all’epoca malfamata, germogliarono trentadue vocazioni religiose e sacerdotali, tra cui emerge il sacerdote don Ruggero M. Caputo (1907 - 1980), di cui è in corso il Processo di Beatificazione e Canonizzazione; una quarantina di religiose e molte famiglie cristiane. Per questo, a ben ragione, don Raffaele è stato definito “un chiamato per chiamare”, proprio come Gesù chiamato e mandato dal Padre che a sua volta, poi, chiama, forma, e manda altri a fare discepole tutte le creature: è sintomatico che all’Oratorio si pregava sempre per le vocazioni.
Il costante anelito del “Da mihi animas!” lo troviamo fissato un giorno nei suoi appunti: “Gesù, amor mio, voglio che tutte, tutte le anime a me affidate si salvino, non solo, ma che vengano al cielo per glorificarti in una forma grande e superiore... Amore mio, voglio che l'Oratorio sia il Seminario di moltissime vocazioni sacerdotali e religiose”.
Mons. Dimiccoli morì nel 1956, accettando con fede l’ultimo periodo di sofferenza, ripetendo con sant’Ignazio di Loyola, suo maestro di vita spirituale fin da quand’era in Seminario al “Collegio Argento” di Lecce: “Che io possa conoscerti intimamente, o Cristo! E, tuo compagno nella Passione, possa risorgere con te”.
Il Processo in vista della sua Beatificazione iniziò nel 1996, fortemente voluto dai fedeli del posto, che da sempre hanno riconosciuto in lui un autentico testimone del Vangelo. Perfino san Pio da Pietrelcina, il frate cappuccino del vicino convento di San Giovanni Rotondo, aveva una stima tale del Venerabile Raffaele Dimiccoli già in vita che quando incontrava i fedeli barlettani diceva: “Perché venite da me, se a Barletta avete un santo?”.
Spesso si parla di “crisi di identità” ; non fu il caso di mons. Dimiccoli che si sentì pienamente e gioiosamente realizzato nella sua vocazione. L’unica crisi che conobbe fu quella di sentirsi ìmpari dinanzi a tanto amore gratuito riversato dal Signore su di lui. Per questo più volte i fedeli lo hanno sentito ripetere, confuso, ai piedi del Tabernacolo: “Gesù, troppo mi hai amato!”. Depone di lui al Processo Canonico suor M. Edvige Decorato, abbadessa del Monastero Cistercense di Viterbo e sua figlia spirituale: “Egli era felicissimo del suo sacerdozio e apprezzava grandemente la sua vocazione.
Spesso ci faceva ripetere questa giaculatoria (da lui composta): «Grazie, Gesù, che ci avete dato con l’Eucaristia il Sacerdozio Cattolico». Quando lo incontravamo per strada diceva che, a questa giaculatoria, dovevamo aggiungere: «E che avete fatto sacerdote il mio Direttore»”.Ancora la teste afferma di lui: “La sua persona sacerdotale trasmetteva continuamente fervore, bontà e santità eccezionali”.
La santità è per sua natura contagiosa e un santo è chiamato ad essere modello per altri cristiani, affinché tutti si avvicinino alla Santità per eccellenza, che risplende sul volto di Cristo. E il Venerabile Raffaele Dimiccoli è uno di questi. Perciò egli, lungi da ogni ombra di presunzione, compreso della responsabilità che scaturiva dalla sua missione, egli soleva ripetere ai fedeli: “Io sono lo specchio nel quale dovete ammirarvi!”.
Ringraziamo il Signore che ci dona lungo il nostro percorso terreno luminosi esempi di santità. Non mettiamoli in bacheca, quasi fossero trofei di vittorie passate di cui solo vantarci! A noi il compito di continuare questa catena di santità affinché, toccati dalla grazia divina, sappiamo riportare gli uomini a Dio e Dio agli uomini. Perciò affidiamo all'efficace intercessione del Venerabile mons. Raffaele Dimiccoli la preghiera per la santificazione dei nostri sacerdoti perché "ai fedeli non manchi mai la sollecitudine dei pastori e ai pastori la docilità dei fedeli".
È stata questa la motivazione per cui l’amato pastore della nostra Diocesi, mons. Giovan Battista Pichierri, ha fortemente voluto che il 30 luglio, in San Filippo Neri, si facesse memoria di questo impareggiabile Sacerdote, gloria e vanto della nostra Chiesa Particolare, nella Concelebrazione Eucaristica, durante la quale ha esortato i
numerosissimi fedeli presenti a invocare l’intercessione del Venerabile affinché, un segno dall’Alto, “un mirum” affretti la sua beatificazione.
Mons. Sabino Amedeo Lattanzio
Postulatore Diocesano



tratto da: www.dioeifratelli.it