mercoledì 30 gennaio 2013

l Messaggio della Santa Casa Il venerabile Raffaele Dimiccoli mons. Sabino Lattanzio


l Messaggio della Santa Casa

Il venerabile Raffaele Dimiccoli

mons. Sabino Lattanzio

Circa cento anni fa, esattamente il 30 luglio 1911, veniva consacrato sacerdote il servo di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli, dell’arcidiocesi di Barletta, che da antica data detiene il privilegio del titolo di Nazaret, in ricordo dei vescovi nazaretani che dimorarono per secoli in questa città pugliese, in seguito alla presa da parte dei Turchi dell’ultimo presidio crociato di San Giovanni d’Acri. Questo non costituisce soltanto un particolare storico per Barletta, chiamata anche “Civitas Mariae”, in quanto tutta la spiritualità dei fedeli è impregnata di fede mariana. E a questa fede sarà profondamente radicato fin da piccolo il nostro servo di Dio mons. Dimiccoli, più volte pellegrino presso la Santa Casa di Loreto per porre il suo sacerdozio e le anime a lui affidate nelle mani della Madre Santissima Immacolata, la generosa fanciulla di Nazaret che in quel luogo pronunciò il suo “Sì”, dando il via al mistero dell’Incarnazione del Verbo, salvatore dell’umanità. Chi è, dunque, questo sacerdote profondamente innamorato di Maria? Quali gli avvenimenti che hanno contrassegnato la sua esistenza? 

Don Raffaele, nato a Barletta il 12 ottobre 1887, nel corso dei suoi circa quarantacinque anni di ministero sacerdotale si è distinto soprattutto per il servizio a favore dei più bisognosi materialmente e spiritualmente. Per questo privilegiò uno dei quartieri più abbandonati della città, fondando nel 1924 il “Nuovo Oratorio San Filippo Neri”, con un’attenzione particolare all’educazione dei bambini e dei giovani. Per venire incontro alle necessità di tutti si spogliò anche dei suoi beni personali (l’ultimo atto di carità fu la donazione della casa natale all’Ospedale Civile di Barletta). Nel gennaio 1934, nel descrivere le attività che pullulavano all’interno dell’oratorio, così scriverà a una delle sue prime collaboratrici, divenuta suora: «Vuoi conoscere qualche cosa del nostro fracasso? A quello di prima aggiungi due anni di corsa vertiginosa verso la meta. Le nostre manifestazioni si succedono in tutte le forme, anche le più bizzarre. La rappresentazione natalizia con tre bozzetti si è ripetuta tre volte: 1, 4, 6 gennaio. Domenica prossima, 14 c.m., si darà il dramma “S. Cecilia”; dopo quindici giorni i giovani daranno “Tempesta di anime”, poi “S. Lucia”, poi “Charitas Christi urget”; poi S. Quaresima. Poi?… Domenico Savio, San Giuseppe e finalmente la buona festa di san Giovanni Bosco che sarà canonizzato il giorno di Pasqua a Roma e subito dopo acclamato e festeggiato nel nostro nido. E poi? E poi maggio, e poi ecc…». E in un’altra lettera del 1932 alla medesima esclamerà meravigliato: «Chi lo crederebbe che in questo posticino della città, remoto da ogni luce di civiltà e progresso umano, debbano fremere tanti cuori in esplosione di vivere santa carità da trasportarci in atmosfere celesti!!! Deo Gratias et Mariae!…». Il segreto di tanta generosità e fecondità di questo umile e santo sacerdote era riposto nella santa messa, da lui celebrata non come “una pia abitudine mattutina, ma come un atto di fede e di adorazione profonda”, nelle lunghe ore trascorse ai piedi del tabernacolo, nella filiale devozione mariana e nel tempo incalcolabile che ogni giorno dedicava al ministero delle confessioni e della direzione spirituale. Egli era fermamente convinto che l’istanza propria di chi ama è che la vita, nella sua interezza, sia orientata all’imitazione dell’Amato e che questo fuoco d’amore si divampi all’esterno contagiando chi ci circonda. Per questo divenne una calamita che attirò all’amore di Cristo uno sterminato numero di fedeli, da lui chiamati “figli miei” e divenuti, a loro volta, fermento evangelico in mezzo alla società. Dalla numerosa  schiera dei figli spirituali sorsero tante vocazioni religiose e sacerdotali, tra cui emerge il sacerdote don Ruggero M. Caputo (1907-1980), di cui è in corso il processo di beatificazione e canonizzazione. 

A riguardo della devozione mariana, un adolescente che frequentava assiduamente il suo oratorio, vedendo il servo di Dio sempre con la corona del rosario tra le mani, un giorno gli chiese: “Don Raffaele, quanti rosari reciti al giorno?”. Il servo di Dio, accarezzandolo teneramente, sviò il discorso dicendo: “Sei troppo curioso! Gli atti di devozione non si contano, ci pensa la Madonna stessa a contarli! E poi, le persone che si amano non si stancano mai di ripetere all’Amata: ti voglio bene!”. La fama di santità era già diffusa quando mons. Dimiccoli era in vita. San Pio da Pietrelcina, a più barlettani che si recavano a San Giovanni Rotondo, alludendo a don Dimiccoli, rivolgeva il rimprovero: “Perché venite a me se a Barletta avete un santo?”. Il 27 giugno 2011 il sommo pontefice Benedetto XVI, ricevendo in udienza privata il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante le virtù eroiche del servo di Dio Angelo Raffaele Dimiccoli, che è diventato venerabile. Non finiremo mai di ringraziare il Signore e la Madre Santissima che ci dona, lungo il nostro percorso terreno, luminosi esempi di santità. Non mettiamoli in bacheca, quasi fossero trofei di vittorie passate di cui vantarci! A noi il compito di continuare questa catena di santità. 

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